Piero Martinetti (Pont Canavese, 21 agosto 1872 – Cuorgnè, 23 marzo 1943), dopo essersi diplomato presso il Liceo Classico Botta di Ivrea, si iscrive all’Università di Torino, dove studia filosofia sotto la guida, fra gli altri, dei professori D’Ercole e Graf. Si laurea nel 1893 con una tesi sulla filosofia indiana, che verrà poi stampata dalla casa editrice Lattes. Dopo un breve soggiorno in Germania, inizia ad insegnare presso vari licei in tutta Italia, tra cui l’Alfieri di Torino. Dal 1905 consegue la libera docenza in Filosofia teoretica presso l’Università torinese e l’anno successivo passa alla Regia Università di Milano. Lavorò particolarmente intorno al problema metafisico-religioso, contrapponendo al positivismo e all'idealismo hegeliano uno spiritualismo pluralistico, secondo cui i soggetti particolari tendono a ricongiungersi alla Ragione universale. Critico di ogni forma dogmatica, sempre secondo lui inadeguata ad attingere l'unità, il suo pensiero è informato a una religiosità che ha risonanze plotiniane e spinoziane. Intellettuale totalmente indipendente, nel 1931 fu uno dei pochi docenti universitari a non giurare fedeltà al regime fascista e per questo fu estromesso dall’insegnamento. Dal 1932 sino alla morte si dedicò unicamente agli studi personali di filosofia, ritirandosi nella villa di Spineto, frazione di Castellamonte, vicino al suo paese di nascita. Dopo un rapido declino fisico inziato nel 1941, morì, da sfollato, a Cuorgnè nella primavera del 1943.
Nel suo testamento lasciò la sua biblioteca privata a Nina Ruffini (nipote di Francesco Ruffini), Gioele Solari e Cesare Goretti. Nel 1955 la biblioteca fu poi donata alla Fondazione Martinetti.
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